È l’una e probabilmente farei meglio ad andare a dormire, ma non prima di una brevissima riflessione. Oggi pomeriggio su Facebook mi ero imbattuta in questa campagna che mi limiterò a definire discutibile: “trivella tua sorella” è il messaggio illuminante alla cui lettura, milioni di italiani decideranno di andare a votare il 17 aprile.

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La grafica è apparsa nella pagina facebook dell’agenzia di comunicazione Beshaped e l’agenzia in questione ci mostra ESATTAMENTE COSA NON FARE, sia in termini di “comunicazione” discutibile, ma soprattutto in merito a come gestire una crisi di questa tipologia sui social, dove le azioni possono avere una grande risonanza. Prima di cominciare a giudicare il tutto inizio a raccogliere qualche dato in giro e vedo che in realtà il messaggio non è del tutto originale, lo ritrovo in questa forma pubblicato su facebook

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1024120560987435&set=a.134837453249088.26627.100001685037502&type=3&theater

e in questo tweet datato 2013

Cosa che l’agenzia ha specificato nel comunicato pubblicato oggi in seguito alle PREVEDIBILISSIME polemiche.

“QUALCHE CHIARIMENTO SULLA CAMPAGNA ‪#‎trivellatuasorella‬(..) Il banner, successivo a quello del 9 marzo ancora presente su questa pagina (che non è stato pubblicato quindi, come erroneamente è stato detto, per rimediare al secondo) riprendeva una campagna non di nostra invenzione – #trivellatuasorella per l’appunto (ma esiste anche un‪#‎trivellamammt‬ a quanto ci risulta) – con un’immagine che ha infastidito molti utenti perché ritenuta sessista e lesiva dell’immagine delle donne. Posto che non fosse certamente questo il messaggio che intendevamo lanciare, ci scusiamo se con troppa leggerezza abbiamo trascurato di valutare come sarebbe stata accolta la suddetta immagine. Nostro intento era quello di associare lo stupro che si vuole fare dei nostri mari, per motivi legati esclusivamente agli interessi economici di pochi, alla violenza che viene usata contro il corpo di una donna. “Se vuoi stuprare il nostro mare, cui siamo legati per cultura, tradizione, amore viscerale, perché allora non fai la stessa cosa a tua sorella, intesa come una persona alla quale sei intimamente legato, alla quale non faresti mai del male?”. Questo era il senso per noi dell’operazione”

https://www.facebook.com/b3shap3d/posts/1754223591467926?comment_id=1754245964799022&reply_comment_id=1754401481450137&notif_t=feed_comment_reply

Ecco però la ciliegina sulla torta.

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L’ABC della buona educazione su internet, quella bella cosa che molti purtroppo ignorano chiamata Netiquette, prevede che una discussione scritta non sia in lettere maiuscole, perché equivale a gridare.  Questo per quanto riguarda la forma del messaggio, sbagliata, per non parlare del contenuto dello stesso: la colpa è del brutto socialmediamanagercattivo, che era in prova ed ora è stato rimosso dal team. Ma come, sei una agenzia di comunicazione e proprio tu non cogli l’importanza ed i rischi nell’affidare la comunicazione della tua pagina aziendale a qualcuno che non rispetta le filosofie aziendali (a questo punto il povero stagista di turno si becca l’accusa, ma se la campagna avesse avuto successo…) ?

Nei commenti al post , tutti ultra negativi, c’era una sola voce che lodava la campagna, e quindi abbiamo individuato pure il SMM appena licenziato.

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Nel frattempo, arriva il comunicato stampa del cordinamento nazionale No Triv che ovviamente si dissocia.

https://www.facebook.com/1428315400765373/photos/a.1428323164097930.1073741829.1428315400765373/1679977678932476/?type=3&theater

Prima di chiudere, decido di rileggere il messaggio di scuse e penso che in fondo abbiamo tutti imparato qualcosa in più da questa faccenda e che sarebbe comunque scortese non accettare le scuse.

Ma. Ma.

Passi il maiuscolo, passi il tentativo di recuperare in corner lo sbaglio del social media manager, ma alla lettura di “placare l’effluvio di messaggi” mi sale il fastidio a livelli epici e decido di spegnere il computer.

Buona notte.

 

UPDATE

Valentina Vandilli (vandilli.it) ha dedicato un video in merito alla situazione, spiegando in maniera chiarissima e puntuale come gestire una crisi sui social network. Da ascoltare con attenzione, Valentina è una professionista della comunicazione e la sua spiegazione va a completare il quadro di tutta la situazione:

https://www.facebook.com/v.vandilli/videos/vb.100006490460828/1883297418563255/?type=2&theater&notif_t=comment_mention


4 commenti

Tiziano · Marzo 20, 2016 alle 1:48 am

Per fortuna che ci sono persone come te che fanno notare queste cose. brava. continua così!

    Francesca Florence · Marzo 20, 2016 alle 7:45 pm

    Grazie Tiziano!Se hai qualche segnalazione da fare è benvenuta:)

Cristiana Piraino · Aprile 6, 2016 alle 9:50 pm

Credo che abbiano soprattutto sbagliato a non dire di aver sbagliato. Di cafoni poi è pieno il mondo e, sarà forse per questo apparente stato mimetico (dietro una tastiera) ma qui è come una continua esplosione di ignoranza e cafonaggine. Questo hashtag mi suscita tristezza.

A parte questo specifico punto, che hai spiegato benissimo, il discorso degli hashtag mi interessa particolarmente. Cerco di avere una visione un po’ ‘futura’ di quello che stiamo vivendo. Vedo la rete come il nostro archivio della memoria di ciò che domani sarà il passato, che poi è l’oggi per noi. Insomma questo mare immenso di dati, informazioni ed emozioni, come sarà catalogato domani? Gli hashtag ce la faranno a reggere il peso di questa massa immensa di parole e fatti? Nel dubbio, comunque pensiamoci bene a crearne di pertinenti. A volte ad esempio io trovo umilianti le sigle. O comunque non rendono giustizia all’evento relativo. Se ci fosse una rassegna PizzaBella2016, la tendenza sarebbe quella di creare #PB2016 o #PB16. Fa fico! vabè.. ok fa fico. Ma tra 30 anni quanti #PB16 ci saranno? E poi chi si ricorderà che significa una tale sigla? Nulla sarà mai tanto rappresentativo quanto la stessa #PizzaBella2016

Maria Lucia · Aprile 7, 2016 alle 6:41 am

Davvero pazzesco! Ho apprezzato molto l’articolo, anche perché non è polemico (cosa che ultimamente è una rarità) e permette al singolo di farsi una propria opinione in merito al “caso”. Effettivamente la netiquette su Internet non è molto diffusa ma, purtroppo, anche la buona educazione nella “vita reale” è piuttosto scarsa… Grazie a quelli come te che danno spunti di riflessione!

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