Se chiudo gli occhi torno indietro nel tempo, nell’istante in cui ho realizzato che sarei partita per Dublino. Quel momento preciso in cui tutto ti appare possibile, quando fino al nano-secondo prima non avevi più quasi speranza.
E devo dire che speranza ce ne voleva tanta: il termine ultimo per iniziare il corso di lingua era il 16 novembre 2008, ma la mattina del 14 novembre ancora di accrediti sul conto nessuna traccia. Avevo partecipato ad un bando per dei voucher per corsi di lingua a Dublino (grazie Unione Europea per quello che hai fatto per la mia formazione <3, grazie Regione Calabria per questo bando, anche se te ne ho dette di tutti i colori) ero in posizione utile in graduatoria, ma anche avendo la certezza che quei soldi prima o poi sarebbero arrivati, chi poteva anticiparli? Io no, ed infatti eravamo andati negli uffici della Regione Calabria nei mesi precedenti per chiedere, sollecitare, implorare, ma la mattina del 14 novembre tutto taceva, ed ormai si stava facendo strada l’amara consapevolezza dell’opportunità mancata.  E invece.

Ho preparato una delle valigie più rapide della mia vita, e la sera del 14 novembre un bel autobus (mezzo di trasporto eletto se devi viaggiare dalla Calabrifornia) ci avrebbe portato a Roma, dove il destino ha voluto che anche prenotando solo il giorno prima ci fosse posto sull’aereo che sarebbe atterrato a Dublino.

Perdersi dentro la città, fare tanti di quei chilometri a piedi, la Guinness che ho fatto finta di spillare, una festa in un luogo assurdo, fare tardissimo la sera e poi andare a lezione prestissimo, la gentilezza degli irlandesi, il gruppo di amici, le risate, il prof. irlandese serissimo che si esibisce in una versione di spider pork solo per noi, il piatto gigante di cibo, sentirsi parte di qualcosa di meraviglioso.

Sarebbe stato tutto diverso senza quell’aria fredda sulla pelle del viso e i prati con l’erba più verde che io abbia mai visto nella mia vita.

Grazie Dublino, sei nel mio cuore oggi come dieci anni fa.

‘Sé mo laoch mo ghile mear
‘Sé mo Shéasar, gile mear
Suan gan séan ní bhfuair mé féin
Ó chuaigh I gcéin mo ghile mear


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