Da qualche parte in un vecchio hard disk, quando bastavano 6 giga per contenere le emozioni, c’è un file di testo che ho scritto quando facevo le scuole superiori. Questo documento me lo ricordo bene anche se non lo riapro più dal 2002, racconta una storia che non ho mai fatto leggere a nessuno: non che vi siano scritti chissà quali grandi segreti, ma ripensandoci ora racconta molto di più di quello che le parole dicono.

Mi ero messa in testa che mi sarebbe piaciuto fare un podcast in cui raccontare le mie passioni. Cominciai a scrivere il testo per quello che avrebbe dovuto essere la prima puntata: non avevo dubbi, avrei parlato de i Cranberries.

l Cranberries mi aveva folgorato come possono essere folgoranti gli amori dell’adolescenza. Io mi ero innamorata di quella voce e di quelle atmosfere, profumavano di Irlanda e di inverno, di realtà lontane, lontanissime, eppure così in sintonia con la malinconia che porta con se quella fase della crescita. L’avete mai ascoltata twenty one? Ed empty? Oppure How, Still can’t, Holliwood, Free to decide? Se non l’avete fatto, beh, dovreste rimediare ora, subito.

Quelle canzoni, con le casse dello stereo prima e quelle del computer, a tutto volume le ha ascoltate (insieme a me tutto il mio quartiere) per due decenni.  Le ho registrate, ascoltate, sminuzzate parola per parola per imparare tutti i testi, interpretate, tradotte, cantate, trascritte sui diari, dedicate, richieste alla radio, inserite in playlist, inviate per lettera, sms, mail: mi hanno accompagnata per tutta la vita.

E’ stato per Dolores, più precisamente per l’audiocassetta di Bury the hatchet registrata perché lo stereo della Fiesta non aveva il cd nel 1999, ed ascoltata ad un volume che voi umani non potete neanche immaginare, se sbagliammo l’uscita dell’autostrada e ci trovammo a Firenze (chi lo avrebbe immaginato che sarei ritornata qui e non per sbaglio?).  E’ stata  Dolores che sognavo di eguagliare quando cantavo (senza ovviamente riuscirci), in quelle cassette registrate in “studi di registrazione arrangiati” (diciamo un eufemismo di proporzioni stratosferiche) e file audio su computer. E’ stata la sua voce che mi ha fatto appassionare un po’ di più alla letteratura in lingua inglese. Sono state le canzoni dei Cranberries che hanno creato nella mia mente l’immagine di una Irlanda che avrei voluto visitare, cogliendo l’opportunità quando c’è stata e regalandomi due settimane stupende.

Ho ascoltato ininterrottamente per anni tutti gli album dei Cranberries, consumandoli letteralmente. Lo faccio ancora, I still do. Soprattutto i pezzi meno famosi ed i primi album. Il podcast invece non l’ho mai realizzato, ingabbiata in una idea di perfezione che solo anni dopo avrei capito non essere raggiungibile, ed il testo non l’ho mai più riletto. Eppure, sedici anni dopo, mi ricordo quello che provavo quando lo scrivevo, ed è per quello che oggi questa notizia mi ha lasciato un sapore amarissimo in bocca. Si può stare così per qualcuno che non si è mai conosciuto?

Ciao Dolores e grazie di cuore per tutte le emozioni che mi hai regalato.

I still do  (Everybody else is doing it, why can’t we?  1993, The Cranberries)

I’m not ready for this
Though I thought I would be.
I can’t see the future
Though I thought I could see.
I don’t want to leave you
Even though I have to.
I don’t want to love you.
Oh, I still do.
Need some time to find myself.
I want to live within.
Can I go my own way?
Can I pray my own way?
I don’t want to leave you.
Oh, I need you.
Am I ready for this?
Did I think I would be?
Can I see the future?
No, I can’t see.
I don’t want to leave you
Even though I have to.
I don’t want to love you.
Oh, I still do.


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